
All’inizio del 2023 con Gennaio alle spalle mi dedico ad un interessante album del 2022 degli Stargenesis, band italiana dedita al rock/metal progressivo. La formazione nostrana ha già dato alle stampe un primo album, “Aurora”, nel 2021 ed ora propone questo “Distress call from Earth”. La band è già in studio per dare alle stampe il terzo album. Io intanto faccio uno step indietro e vi recensisco questo che consta di quattordici brani per una durata approssimativa di ottanta minuti. “Welcome To Earth” è la prima traccia: una voce cibernetica accompagnata dai sintetizzatori apre le porte a questo concept.
Si percepisce subito l’atmosfera di preoccupazione e di ansia, spazzata via da due poderosi colpi di batteria, la chitarra si staglia sulle macerie fumanti, una voce suadente e malinconica in perfetto stile heavy metal classico narra il decadimento umano. I ritmi sono blandi, sui sei minuti si fa sentire il basso e i ritmi si alzano leggermente, fino ad arrivare ad un lunghissimo e sontuoso solo di chitarra. Si prosegue con “A.I. Storm” e i ritmi sono subito elevati e la voce astiosa. Il brano è infettato da una buona dose di elettronica che ne eleva il potenziale e nonostante la lunghezza considerevole è davvero godibile e si esprime molto bene soprattutto grazie ai suoi continui cambi di tempo che ne modificano la soluzione di continuità. Il finale è scoppiettante, grazie prima ad un buon lavoro di sintetizzatori, poi il bel solo di chitarra.
“Your Next Dose” il terzo brano; inizia con la chitarra e la voce, il tutto molto sobrio e delicato, anche la batteria è leggera, ma il tutto si sveglia con un riff mastodontico di chitarra, la batteria diventa enorme, la voce decisamente sostenuta, brano interessantissimo che sicuramente soddisfa ogni palato, anche qui i virtuosismi di chitarra si sprecano impreziosendo ulteriormente il pezzo. “Bad Propaganda” parte subito con un riff di chitarra avvolgente ed una batteria bella rotonda, poi i due strumenti cavalcano fino a formare un muro sonoro invalicabile, la voce in perfetto stile power metal tesse le trame di un brano tutt’altro che tranquillo, anzi molto movimentato e in parte catchy, ma che piace e si insinua nel cervello. La chitarra pretende il suo posto ed ecco sui quattro minuti che lo ottiene con un bel solo, il disco continua con “The End Of Humanity”, il pianoforte e la voce fanno gli onori di casa, tutto molto rilassato, tranquillo.
La batteria entra in seguito ma solo per abbassare i toni ed aumentare la presenza dei bassi nel pezzo, anche la chitarra arpeggia sognante… Una traccia di rottura tra i primi quattro brani ed i successivi “What If è la successiva”, la partenza è molto pop con una chitarra delicata ed una voce pulita supportata da un coretto, sui tre minuti il brano lascia il suo stato di torpore per svegliarsi un po’ ma non troppo, brano rilassato e riflessivo. I synth ed un bel riff di chitarra aprono il settimo brano “The Dream Of A New Era”, ed è incredibile quanto il sound sia aderente con il titolo di questa traccia, si perché si sente veramente il “sogno di una nuova era”. Il ritmo è subito elevato ma non devastante, il metal e l’hard rock si mescolano alla perfezione dando un risultato sublime. Il finale poi è tarato su un sound molto prog-rock, con tastiere e chitarra a fare da padrone.
“Honor Guard Salute”, l’ottava traccia, è interamente strumentale, solo synth ed una cornamusa (se ho sbagliato ditemelo che sono curioso). Ascoltando il brano e leggendone il titolo tutto risulta molto marziale, un tributo ai soldati caduti i tre colpi di cannone alla fine ne sono la conferma, brano anche questo di stacco, come l’album in recensione fosse suddiviso in capitoli, quindi iniziamo il terzo capitolo con “A New Hope”: tastiere e chitarre a rimorchio, la batteria ha ritmi bassi e rilassati, sui tre minuti tutto esplode ed è bellissimo, i brividi si alzano sulla pelle e le vibrazioni sono quelle giuste, il cantante si esprime a livelli sopraffini. Si avvista anche qualche accenno di orchestrazioni, ma che sono a corollario e non cardine. Un pezzo dinamico “multi spaziale” e decisamente complicato anche solo da immaginare. Si continua con “Checkmate”, la chitarra si fa subito sentire, batteria e voce a seguito, i delicati tocchi di tastiera si sentono in sottofondo, ma poco dopo il ritmo si eleva, la batteria è più rotonda e la chitarra più incisiva, ma questo stato di fibrillazione dura solo il tempo del ritornello poi si torna alla calma, sono interessanti questi cambi di tempo perché non danno punti di riferimento, quindi la canzone risulta positivamente mutevole, ed anche se la lunghezza della composizione, come del resto anche le altre, è considerevole, si riesce ad apprezzarla in profondità, il finale è estremamente particolare ed entusiasma “Cinically Alive” inizia con un’arpeggio di chitarra, nuovamente i ritmi sono molto lenti, la voce calda e la batteria delicata danno un senso di pacatezza e calma interiore anche se man mano che i secondi passano si respira aria di cambiamento ed infatti la parabola dei tempi si alza e il brano diventa più intenso.
Sui cinque minuti e mezzo tutto si blocca ed ecco ripartire l’arpeggio di chitarra e poi….i suoni tipici di un sonar. La diretta conseguenza del brano precedentemente descritto è questa: “Distress Call From Earth (Pt.1)”, la quale si aggancia in modo naturale, solo tastiere e synth per poi lasciare il posto a “Distress Call From Earth (Pt.2)”: l’attacco di batteria in apertura e sempre le tastiere in primo piano, la chitarra entra a gamba tesa e si fa sentire in modo sostanziale, i ritmi sono elevati e gli strumenti fanno corpo unico il basso tende le sue corde in modo distinto. “Our Future” è l’ultimo brano del concept, la chitarra e la voce “ diversa” per impostazione, tutto molto tranquillo e rilassato, si possono ascoltare in modo distinto le orchestrazioni, a chiusura di un disco inteso ed immersivo.
Considerazioni Finali: Il disco è perfetto, anche troppo, la lunghezza è secondo me un limite comunque, perché questo album deve essere assaporato in un unica soluzione, per evitare di perdersi dei pezzi ”pregiati”. Il disco come anzi detto è immersivo e passionale, non scevro di tanti virtuosismi chitarristici e vocali, sempre pulito e ben prodotto, un concept che deve essere assorbito ed ascoltato in doverosa tranquillità, tenendosi da parte una buona ora e mezza… Ma in un mondo in cui appena ti svegli sei già in ritardo è qualcosa di impossibile…Ma se ci si riesce è un’esperienza notevole ed appagante e non può che non stupire chiunque abbia voglia di approcciarsi a questi Stargenesis
RECENSORE
Igor Gazza