Classe 1973. Autore, paroliere, arrangiatore e cantautore. Nel 2000 forma la band Pura Utopia di cui sarà cantante e chitarrista e per cui comporrà due album. L’omonimo Pura Utopia edito da VioliPiano Records e Co.Co.Co, frutto di una collaborazione tra l’etichetta cinico disincanto e Altipiani Records. La band sarà attiva fino al 2014.
Del primo album che è seguito da un tour nazionale il brano “L’uomo del potere” entra nella programmazione di diverse radio nazionali, vince il premio speciale Amnesty International ed entra nella compilation Rai Trade. Vengono chiamati ad aprire Sanremo Off, la prima edizione del V-Day e “recital” di Paolo Rossi.
Del secondo album, nel 2011 il brano “quando parli il cinese” viene tolto poco prima dell’uscita ed inserito nel disco di Paolo Belli (Giovani e Belli), in cui compare eseguito a due voci con il cantante Modenese.
Brani del disco vengono anche presentati al teatro Masini per l’inaugurazione del MEI e successivamente con un live in diretta nazionale su RadioRai1.
Trasferitosi a Praga, continua la sua attività come musicista, compositore ed arrangiatore.
Ciao, presentati ai nostri lettori !
Mi definirei un cantautore, romano ma con origini “isolane” ed emigrato a Praga da ormai dieci anni. Sono stato per anni l’autore ed il frontman della band PuraUtopia, una formazione con cui ho fatto due dischi e suonato in lungo e largo per l’Italia per un bel periodo. Ora sono al mio primo lavoro solista.
Qual’è stato il tuo percorso di crescita musicale fino ad oggi ?
Mi sono sempre nutrito di musica, fin da bambino quando passavo ore a guardare mio padre suonare la fisarmonica, I miei primi ricordi sono legati senza dubbio alle sonorità di questo meraviglioso strumento e al profumo degli spartiti in giro per la casa. Più tardi ho iniziato il classico percorso con il pianoforte (che è lo strumento che ho studiato più seriamente).
Ho scoperto la chitarra a sedici anni in un modo grazie a un gruppetto di amici che mi avevano invitato a suonare la tastiera con loro. Preparavamo dei brani di un musical, e quando si è presentato Gianluca con una stratocaster ho avuto quasi uno shock ed è stato amore a prima vista. Con la chitarra puoi fare qualcosa di meraviglioso… ovvero portarti la tua musica appresso. In vita mia ho tentato anche di imparare tutti gli strumenti che ho avuto la fortuna di toccare. Per tanto tempo ho accompagnato diverse band della capitale e giovanissimo mi sono ritrovato una sera a cantare al Folk Studio. Un bellissimo locale che ora non c’è più ma senza il quale la canzone d’autore non sarebbe, probabilmente, la stessa.
Con la canzone ho sempre avuto un rapporto molto stretto. Ho scritto la mia prima canzonetta a otto anni. Sono stato sempre affascinato da questo linguaggio che ti può trasmettere delle idee in un modo così piacevole, mi è sempre sembrato un miracolo. La melodia legata alle parole mi ha sempre ossessionato e appena adolescente ho praticamente consumato tutti i dischi dei cantautori che conoscevo. Tutt’ora posso dire di conoscere a memoria gran parte della discografia cantautoriale dell’epoca.
Poi sono arrivati i Pura Utopia e l’impegno sociale che caratterizza tutti i brani fatti all’epoca, e che mi ha portato anche a viaggiare moltissimo. Con loro abbiamo suonato ovunque… dal piccolo localetto mezzo vuoto, alla piazza gremita, fino alla sala Asiago della Rai e sempre divertendoci come bambini. Fino al 2015. Anno in cui abbiamo capito che il progetto non aveva più linfa e ognuno si è dedicato alle sue cose. Anche se siamo rimasti sempre vicini, tanto è vero che nel disco appena uscito ci suonano due dei componenti di quella band, di cui uno è mio fratello Andrea, bravissimo musicista, amico e persona straordinaria.
“Sette miliardi di parole” è il tuo nuovo album , parlaci di questo nuovo lavoro !
Direi che è un lavoro squisitamente cantautoriale. Un disco in cui ho fatto veramente solo quello che mi piace, senza concessioni di nessun tipo e non considerando intenzionalmente quello che la gente si aspettava da me. Forse questa è stata la cosa più difficile da fare… liberarsi della pressione dell’aspettativa degli altri.
I cantautori in genere fanno una cosa, e quando quella cosa funziona continuano a ripetersi all’infinito, a volte diventando un po’ la marionetta di sé stessi. Questo mi ha sempre intristito molto. Non voglio fare esempi ma penso che non si faccia fatica a trovarli. È una tendenza naturale che quando vedi che al pubblico piace qualcosa ti venga in mente di tirarne fuori altra simile, ma io credo che la forma e la sostanza siano più legate di quello che si pensi. E quando ti fossilizzi su una forma, anche la sostanza appassisce. E allora mi sono detto che avrei fatto quello che mi piaceva. Per quello per “Sette Miliardi di Parole” ho scelto la strada dell’autoproduzione, per avere le mani libere da qualsiasi forma di pressione. Questo è un disco interamente finanziato dal pubblico.
Il titolo “Sette miliardi di parole”, che poi è anche un brano dell’album è un po’ l’allegoria di un mondo fortemente polarizzato, dove le opinioni vengono gridate e diventano uno strumento di divisione. Ed è l’invito a riconsiderare le nostre “ragioni” e a valorizzare la differenza e considerarla più una ricchezza che un problema.
Mentre nelle mie precedenti produzioni ho usato molto la testa, un questa ho tentato di liberare il cuore e di rischiare. Credo che sia anche un disco molto sociale, ma una passione sociale che si esprime più attraverso le emozioni che attraverso le idee. Una cosa buffa di questo disco è che quando l’ho pensato doveva contenere delle tracce e che poi ne ho scritto più della metà durante la lavorazione del disco. La sera mi mettevo al piano e uscivano fuori cose… e allora mi sono detto che dovevo seguire quella strada e mi ci sono buttato. Ho cestinato molti brani che dovevano stare nel disco e ho ricominciato a registrare da capo. Chi ascolterà giudicherà se ne é valsa la pena o meno.
Sei soddisfatto? Oppure avresti voluto cambiare qualcosa ?
Tendenzialmente non ci sono particolari cose che avrei cambiato, ma forse è un po’ presto per dirlo, perché siamo appena all’inizio delle presentazioni. Abbiamo fatto una bellissima presentazione a Roma, e sono salito sul palco rischiando l’infarto, perché era la prima volta che presentavo al mio pubblico una produzione così diversa dalle cose a cui è abituato. E io sono fondamentalmente una persona molto insicura e il giudizio del pubblico purtroppo non mi lascia indifferente.
Ma il feedback che ho avuto dalle persone intorno ha superato le mie aspettative. Per cui per ora si. Ma sono certo che tra pochi giorni sicuramente mi verranno in mente tante cose che avrei voluto fare e dire e che, per qualche motivo, non ho infilato nel disco. Però
Hai in previsione un Tour?
Dopo la presentazione a Roma, sarò il 29 Novembre a Torino, poi sarà la volta di Napoli e Firenze. È in previsione la preparazione di un piccolo video legato al singolo dell’album “Il mio Amore ha il tuo Nome”
L’ultima parola a te !
Un’ultima parola la vorrei spendere per comunicare la mia preoccupazione e speranza rispetto agli avvenimenti attuali, che rischiano di precipitarci dentro incubi di cui credevamo di non doverci mai confrontare, come quello della guerra.
Credo fortemente che in questo momento la palla stia per arrivare sul piede delle persone e che quello che la gente comune farà o dirà avrà una grande importanza. C’è una frase del maestro De Gregori che dice che “la gente quando si tratta di scegliere e di andare, te la ritrovi tutta con gli occhi bene aperti, che sanno benissimo cosa fare”. E sono convinto che questo è vero. Penso che ognuno di noi può rompere quei limiti che gli impediscono di considerarsi parte di questo meraviglioso insieme umano di cui facciamo parte, e che ci sia bisogno di farlo al più presto possibile. In questo modo ognuno potrà unire la sua voce in quel coro di sette miliardi di persone, per fare in modo che insieme si possa cantare una canzone di pace.